martedì 6 febbraio 2007

Come si può ridurre il costo energetico

Per assicurare un futuro all’umanità è necessario svincolarsi progressivamente dall’uso dei combustibili fossili e ottenere energia da altre fonti. Il rischio di creare danni irreparabili all’ambiente è ormai sotto gli occhi di tutti, ma le motivazioni “buoniste” e “ambientaliste” non riusciranno mai a convincere le imprese a modificare il loro disegno strategico. In primo luogo è opportuno tornare sul piano del confronto dei benefici e dei costi, presentando da un lato alcune reali alternative per migliorare l’efficienza nell’uso dell’energia, dall’altro obbligando le imprese a internalizzare i costi sociali e sanitari derivanti dall’uso dei combustibili fossili. In secondo luogo risulterà necessario che i governi intervengano con un serio schema di incentivi e disincentivi per fare in modo che risulti davvero vantaggioso ricercare ed utilizzare nuove fonti di energia alternativa. La transizione sarà lenta soprattutto per motivi tecnici ed economici: il costo relativo dei combustibili fossili rispetto alle altre energie pulite risulta ancora basso, ci sono ancora riserve considerevoli disponibili e c’è una complessa struttura operativa di miniere, pozzi, oleodotti e gasdotti difficile da sostituire anche per i molteplici interessi in gioco.
Attualmente l’unica vera fonte di energia alternativa, pulita, economica, immediata e accessibile a tutti è il risparmio energetico soprattutto nel settore produttivo. La prima sfida è quella di ridurre i consumi a parità di produzione, ma quali sono le pratiche per eliminare gli sprechi all’interno delle piccole e medie imprese? Oltre alle semplici azioni di buon senso, uno dei più importanti interventi riguarda la possibilità di introdurre dei dispositivi di stima (in fase di progettazione) e di controllo (in fase di esercizio) dei consumi di energia del sito produttivo per ottenere un rapporto sui consumi energetici dell’intero ciclo produttivo. L’obiettivo diventa di organizzare il processo per cercare di assottigliare il più possibile i punti di “picco”, dove risulta massimo il dispendio di energia, definendo gli interventi sulle strutture, sui componenti e sui materiali, che migliorano il rendimento complessivo nell'utilizzo dell'energia termica ed elettrica. Prendiamo, ad esempio, un complesso di industrie (alimentari, agro alimentari, tessili, cartarie, conciarie, del cemento, della ceramica e della chimica) con elevata incidenza di consumi termici previsti a 9-11 milioni di tep per l'anno 2010. Con gli interventi sopra indicati è realistico ottenere una riduzione dei consumi del 10%, ovvero di circa 1 milione di tep; il rendimento complessivo del ciclo dell'energia termica cresce dal 60 al 67%.
La seconda sfida è di ridurre i costi dell’approvvigionamento energetico a parità di consumi, ma attualmente può essere accolta solo dalle grandi imprese che decidono di realizzare un’onerosa struttura di energy trading per accedere direttamente alla borsa elettrica e comprare pacchetti di energia mediante sofisticati strumenti finanziari. Con il completamento delle liberalizzazioni del mercato elettrico e del gas naturale le pmi potranno beneficiare di un risparmio sulla spesa per energia fra il 15 e il 30% rispetto a quella attuale.
Il problema energetico può essere risolto solo se le imprese assumono l’energia come variabile strategica e i cittadini come stimolo per un nuovo modello di sviluppo che tenga conto delle generazioni future. L’alternativa è nella profezia di un detto saudita: “Mio padre cavalcava un cammello. Io guido un’auto. Mio figlio pilota un aereo a reazione. Suo figlio cavalcherà un cammello”.

1 commento:

Anonimo ha detto...

"Professore",
sarò un irriducibile pessimista ma ho l'impressione che quanto affermato dal proverbo arabo sarà realtà prima ancora che ce ne accorgiamo: gli "uomini economici" con cui ho il piacere di trattare sono veramente poco sensibili al tema in oggetto a meno che non ne traggano qualche vantaggio immediato: forse la previsione di agevolazioni per chi istalla impianti distribuiti di cogenerazione e/o trigenerazione potrebbe incentivare ( insieme ad altri tipologie di interventi) il risparmio energetico e favorire la crescita delle imprese del settore con risvolti positivi anche a livello occupazionale. La normativa contenuta nella finanziaria 2007 va in questa direzione ma, il fatto che le disposizioni siano spot, non stabili( visti i chiari di luna dell'attuale governo)e limitate solo ad alcune tipologie di interventi, non la rende appetibile alla gran massa delle partite iva presenti in Italia.
In altri termini, se non si prevedono meccanismi di "mercato" stabili che incentivino la maggior parte degli imprenditori a realizzare investimenti finalizzati al risparmio energetico, dubito che le sue idee si tradurranno in azioni adeguate

Saluti