martedì 30 gennaio 2007

L'etica d'impresa nel post-fordismo

Che la responsabilità sociale per un imprenditore debba costituire un elemento fondante per competere sul mercato è ormai noto ai più. Meno noti, invece, sono gli atti concreti di traduzione della responsabilità sociale delle imprese (rsi) nell’epoca post-fordista, caratterizzata dalla prevalenza del capitale umano su quello finanziario, ovvero del lavoro creativo sulla macchina. Gli strumenti tradizionali della rsi, dal bilancio sociale al report di sostenibilità ambientale, dalla carta dei valori al codice etico, sono ancora necessari ma non più sufficienti oggi a caratterizzare un’impresa come socialmente responsabile. Pensate soltanto che Enron e Parmalat sono state fra le prime società ad adottare internamente questi sistemi cosiddetti di social accountability.
La responsabilità sociale deve essere perseguita sul piano economico, prima ancora che su quello di equità, per incrementare la produttività dei fattori di produzione. Cercherò di giustificare quanto detto, con riferimento particolare alla rsi nei confronti di uno dei più importanti soggetti stakeholders dell’impresa, i lavoratori.
L’attività economica di un’impresa si concretizza generalmente attraverso due importanti fattori produttivi: il lavoro e il capitale (es. macchinario). A seconda delle fasi storiche e delle caratteristiche del produttore è diversa la specificità dei due fattori. Nell’epoca fordista e della società industriale il capitale costituiva l’asset specifico ed il lavoro risultava poco specializzato e quasi completamente sostituibile. In questa fase storica la responsabilità sociale è stata interpretata dagli imprenditori conferendo parte dei propri profitti ai lavoratori sotto forma di servizi. L’esempio classico è quello della realizzazione degli asili nido, delle palestre o delle mense all’interno delle imprese. Nell’epoca odierna del post-fordismo e della società della conoscenza il lavoro creativo e specializzato è diventato l’asset specifico per la creazione di valore. Le vecchie pratiche di rsi, a dir vero molto più affini alla filantropia, non bastano più e in alcuni casi non funzionano proprio. La responsabilità sociale deve essere l’elemento di innovazione per realizzare un modo nuovo di fare impresa che metta al centro dell’attenzione la persona, aumentando così la sua produttività. L’imprenditore responsabile riesce a ottenere il meglio dal lavoratore rendendolo partecipe del gioco economico, valorizzando i suoi talenti ed estrapolando la creatività anche dell’ultimo arrivato. Uno dei modi per farlo, ad esempio, è di investire nella formazione del capitale umano per smobilizzare la conoscenza “tacita”, ovvero non rivelata, perchè legata alle capacità intrinseche della persona e a quel saper fare operativo che si manifesta solo quando viene messo in atto.
Per continuare ad essere un imprenditore socialmente responsabile oggi non basta più affacciarsi sul mercato con sofisticati ornamenti di rendicontazione sociale, da cui si sono create patetiche mode culturali, o con servizi paternalistici concessi ai lavoratori perché tanto come diceva la volpe al Piccolo Principe di Saint-Exupéry «l’essenziale è invisibile agli occhi».

3 commenti:

Anonimo ha detto...

"professore"
mi permetto di avanzare delle piccole osservazioni in merito alla responsabilità sociale d'impresa.: ciò che circola in proposito in vari ambiti (convegni, Università,cciaa, etc) è
PURA ARIA FRITTA che contribuisce al disboscamento dell'Amazzonia senza che le imprese (e conseguentemente il PIL) ne traggano alcun vantaggio consistente.
L'azienda è socialmente responsabile se INNANZITUTTO programma e realizza investimenti che producano un ritorno economico :investimenti che garantiscano una possibilità di crescita futura e la formazione delle risorse umane rientra +/- in questa logica
Se non capiamo questo è inutile parlare di responsabilità sociale d'impresa
Saluti

Marco Marcatili ha detto...

Ciao Giancarlo e grazie del tuo commento. La sfida della responsabilità sociale non è fra chi crede alle cose "buone e giuste" e chi invece no. La rsi tratta dei principi economici alla stregua di quello che tu hai indicato: il successo di un investimento. Sperando di non cadere nel tecnicismo, la responsabilità sociale traduce le azioni economiche da intraprendere, necessarie per accrescere la produttività e la competitività dell'impresa oggi, nei confronti di tutti gli stakehoders ("portatori di interesse") dell'impresa: azionisti, lavoratori, obbligazionisti, territorio, ambiente, ecc... Quando di parla di impresa alcuni nostalgici fordisti guardano solo ai "doveri" nei confronti degli azionisti, altri "filantropici" alla beneficenza, altri “buonisti” all’ambiente. Il mio contributo voleva solo essere un tentativo di guardare alla responsabilità sociale in chiave economica, non buonista, con particolare riferimento ai lavoratori in un periodo storico in cui la qualità del lavoro conta molto di più della quantità del capitale.

Anonimo ha detto...

Ciao MARCO, e spero che tutto vada al meglio. Ho letto il Tuo messaggio con interesse. Noi, come LUCKY (LUCKYconsultancy.com) abbiamo fatto una ns CARTA DEI VALORI & VISION che nasce da un Percorso Formativo, tutt'ora in atto, del sottoscritto. Alcuni markettari cominciano a parlare anche di BENE COMUNE, senza neanche probabilmente capire esattamente cosa significhi. I Valori Umani sono una cosa seria, NON un fatto di Marketing. Penso che il Sig GIANCARLO debba approfondire bene cosa si intende per SOCIALMENTE RESPONSABILE. Simpaticamente, LUCIANO da Bologna.